giovedì 28 marzo 2013

La musica araba di ieri


La musica araba tradizionale l' equivalente della nostra "classica") nel corso dei secoli non è mutata in modo radicale. Sacra, profana o popolare, essa viene elaborata a partire dai maquam (letteralmente modi ), che sono dei modelli, delle successioni prestabilite di suoni. Esse non sono scritte su carta, ma "depositate" nella memoria dei musicisti i quali di tanto in tanto cambiano suoni o le melodie; è questo che determina la loro capacità di cambiare e ed elaborare la loro musica.
·         Gli strumenti musicali arabi si suddividono in tre gruppi:
·         Strumenti a corde: Ud, Quanun, Rabab.
·         Strumenti a fiato: Zurna( o Mizmar), Nay, Arghoul.
·         Strumenti a percussione: Req, Duff, Bendir, Darbuka (Tabla, Tablah), Doholla, Zagate.

Strumenti a corde

      L'UD é lo strumento più noto ed importante della musica Araba che importato in Europa nel x secolo si impose presto come strumento prediletto nell'accompagnare la voce e la musica di corte.Di derivazione del più antico strumento Persiano,chiamato "Barbat", lo"Ud" che letteralmente significa legno, assume questo nome quando fu adottato il liuto con la tavola armonica in legno in sostituzione di quella originaria in pergamena.
Il Quanun è discendente della antica arpa egiziana, ha un ruolo importante nella musica araba già dal X secolo.E’ uno strumento di ottone e legno che possiede 72 corde accordate a gruppi di tre, le modulazioni e i cambi di tono sono dovute a piccole alette di bronzo che si stringono quando si vuole aumentare il suono di una nota.
Il Rabab Viene utilizzato nella mus ica popolare in Egitto e, in Iraq, nella musica classica.E' composto di un manico largo di legno che termina con due tasselli laterali. La cassa di risonanza è piccola, ricavata dall’armatura del cocco e ricoperta di pelle animale. Dotato di due corde di crine di cavallo accordato in casa, si suona con l’aiuto di un arco.
                                                    Strumenti a fiato

      Il Zurna è uno strumento a sette fori, comune nei paesi arabi e si utilizza su tutta la musica folcloristica dell'Egitto .Lo troviamo anche nella musica popolare del Magreb con il nome di “Mizud”. Il Nay E’ lo strumento musicale più antico creato dagli Egizi nell’epoca faraonica con il gambo della canna I flauti dolci di diversi tagli conducono le melodie con la loro incomparabile soavità da migliaia di anni.  Il flauto traverso in canna a sei fori e' di estrazione popolare.

   La corte della moschea di Ibn Tulun Cairo

Il ritmo


Il ritmo è il susseguirsi di una serie di accenti (cellula ritmica) con una periodica regolarità. Esso è basato sulla suddivisione del tempo in forme e misure variabili, talvolta regolari e simmetriche altre volte irregolari e asimmetriche. Il ritmo è quindi un movimento che si ripete regolarmente (si pensi per esempio ad un orologio a pendolo). Qualsiasi movimento che non si ripeta regolarmente può essere detto come "aritmico".  L'aspetto ritmico della musica, che è strettamente collegato alla danza, è molto antico, forse il più antico in assoluto: non a caso i tamburi e altri strumenti a percussione, che essendo a suono indeterminato, possono produrre solo ritmi, sono i primi strumenti musicali conosciuti, e sono presenti anche presso le culture più primitive. Questo è indubbiamente dovuto al fatto che suoni ritmici (il tamburellare delle gocce di pioggia, lo scrosciare di un ruscello, il canto degli uccelli) sono presenti in natura e ben si prestano ad essere imitati.

La musica araba di oggi

Ancora oggi la musica araba conserva i tratti tipici della sua tradizione,anche si nel mondo islamico essi si fondono in un linguaggio nuovo nato dall'incontro tra i suoni dell'antico Oriente con le strumentazioni dell'Occidente. E' questo il caso del raì, uno dei generi di maggior successo della musica araba dei nostri giorni.
Il raì è un genere che nasce in Algeria,quando la musica tradizionale dei nomadi  del deserto viene a contatto con la realtà urbana e moderna delle grandi città.
A partire dagli anni Settanta il raì diventa la bandiera  musicale di una generazione giovane che richiede libertà, tolleranza e integrazione suoi testi sono molto provocatori,rivendicano i diritti negati da una società regolata da consuetudini arcaiche.
Parole schiette e dure fanno da cornice all'incidere ondulato delle melodie, sostenute da curiose sovrapposizioni di ritmi tradizionali e funky, nomadi e rock e dall'intreccio timbrico di chitarre elettriche con gli strumenti tipici del mondo arabo come il darabukka o l'ud.

 

mercoledì 27 marzo 2013

Le musiche dell'Africa

In africa la musica accompagna ogni momento della vita di ciascun individuo, dalla nascita alla morte.
Ogni musica è legata a una determinata circostanza e a una precisa funzione e perde di significato se viene separata da esse.
Esistono brani musicali per ogni evento (nascita, pubertà, matrimonio e morte), per i riti d’iniziazione (per diventare cacciatori o guerrieri, capi o sacerdoti), per i riti di guarigione, o legati al lavoro, alla caccia, alla guerra.
Si impara la musica partecipando attivamente agli avvenimenti musicali, imitando il proprio maestro.
Le musiche africane sono quasi tutte creazioni collettive. A ogni esecuzione i  brani musicali si trasformano rinnovandosi e sviluppandosi costantemente.
Ogni rito richiede una determinata musica e una precisa formazione strumentale.
I griot, come i nostri cantastorie e gli antichi menestrelli, girano di villaggio in villaggio cantando la storia dei personaggi importanti e portando le notizie dalla città.
In Africa si dice che quando muore un griot è come se bruciasse un’intera biblioteca.



Gli usi della musica nell’Africa nera


La caratteristica più importante di tutta la cultura africana è lo stretto legame fra la musica e la vita della comunità: ogni momento della vita sociale è accompagnato da un evento musicale alla cui realizzazione contribuiscono, seppur in modi diversi, tutti i membri della comunità. La caccia, il raccolto, la semina, i riti di iniziazione dei giovani, il matrimonio, la nascita di due gemelli: in ognuna di queste situazioni, e in altre ancora, la musica interviene a sottolineare i passaggi importanti della vita comunitaria.
Strumenti “parlanti”

In numerose lingue africane il significato delle parole dipende dall’intonazione con cui esse vengono pronunciate.
Prendiamo ad esempio la parola bogya: se l’intonazione con cui viene pronunciata è ascendente(_-) significa lucciola, ma se l’intonazione è discendente (-_) significa congiunto. I musicisti prendono spunto da questa caratteristica del linguaggio verbale e, riproducendo le inflessione della lingua, riescono a far parlare i loro strumenti.
In questo brano, il tamburo enuncia una frase musicale che il coro immediatamente ripete. In questo caso lo strumento a percussione è un dundun, un tamburo a due pelli della forma a clessidra.
Il musicista può modificare l’altezza del suono premendo le stringhe che mantengono in tensione le pelli. Per questa sua caratteristica il dundun viene chiamato “tamburo parlante”. Ma il dundun non è l’unico strumento “parlante”:  i Mandingo chiamano i loro xilofoni balafon, una parola che significa “far parlare i bala”  (cioè gli xilofoni).

Una cultura orale

Le musiche africane sono quasi tutte creazioni anonime e collettive che l’intera comunità conserva e tramanda alle giovani generazioni.
Poiché non esiste alcun tipo di notazione, la loro trasmissione è esclusivamente basata sulla memorizzazione e di conseguenza a ogni esecuzione i brani musicali si trasformano, rinnovandosi e sviluppandosi costantemente.
La cultura musicale africana è quindi essenzialmente orale.
Il compito di conservare il patrimonio culturale africano è affidato in particolare ai griot, il cui mestiere è generalmente ereditario.
Un linguaggio modulare

La musica in Africa accompagna ogni momento della vita di ciascuno: dalla nascita alla morte. Ogni musica infatti è legata a una determinata circostanza ed ad una precisa funzione, perde perciò di significato se separata da essa. Ogni rito richiede quindi una determinata musica e una precisa formazione strumentale. Le musiche africane sono quasi tutte creazioni collettive ed ad ogni esecuzione i brani si trasformano rinnovandosi e sviluppandosi costantemente. Esistono brani musicali per ogni evento( nascita, pubertà, matrimonio e morte), per riti d' iniziazione( per diventare cacciatori o guerrieri, capi o sacerdoti), per i riti di guarigione, o legati alla caccia, al lavoro e alla guerra. Si impara la musica partecipando attivamente agli avvenimenti musicali, imitando il proprio maestro. come i nostri menestrelli e cantastorie, in Africa ci sono i Griot che girano di villaggio in villaggio cantando le gesta di personaggi importanti e portando le notizie dalla città. Qui in Africa si dice che quando muore uno Griot "è come se bruciasse un' intera biblioteca".
Nella musica africana la vera anima è il ritmo. Il linguaggio della musica africana è modulare, con la sovrapposizione di più formule costantemente ripetute e variate perciò sono fondamentali l'estro e la fantasia del musicista che deve saper improvvisare di volta in volta.

Un suono ricco e complesso

Le musiche africane preferiscono sonorità complesse e ricche di risonanze, anziché suoni semplici  e puri come nella tradizione occidentale.
Così, ad esempio, nelle casse di risonanza di alcuni strumenti musicali vengono introdotti semi secchi o sassolini o come nella  sansa, sonagli in prossimità delle lamelle.
Anche la voce viene spesso modificata tramite l’uso di maschere o di particolari tecniche d’emissione.

La musica di consumo nel nostro tempo (music shop)

La musica

La musica (dal sostantivo greco μουσική) è l'arte e la scienza dell'organizzazione dei suoni nel corso del tempo e nello spazio. Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo che produce la musica e dell'ascoltatore; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi dell'intima struttura della musica. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante strumenti musicali che, attraverso i principi dell'acustica, provocano la percezione uditiva e l'esperienza emotiva voluta dall'artista. Il significato del termine musica non è comunque univoco ed è molto dibattuto tra gli studiosi per via delle diverse accezioni utilizzate nei vari periodi storici. Etimologicamente il termine musica deriva dall'aggettivo greco μουσικός/mousikos, relativo alle Muse, figure della mitologia greca e romana, riferito in modo sottinteso a tecnica, anch'esso derivante dal greco τέχνη/techne. In origine il termine non indicava una particolare arte, bensì tutte le arti delle Muse, e si riferiva a qualcosa di "perfetto".

Tutta la musica in una stanza

La musica da camera è un filone tradizionale della musica classica, nel quale rientrano composizioni in cui il ruolo del singolo strumento è sempre individuale. Mentre nella musica orchestrale sono previsti in genere gruppi di esecutori per ogni timbro strumentale (ad esempio 15 primi violini, 10 violoncelli eccetera), in quella da camera, in genere, due diversi strumenti procedono all'unisono solo episodicamente. Ovviamente rientra nel filone cameristico tutta la letteratura per uno strumento solista. Le composizioni da camera sono scritte di solito per un ristretto numero di esecutori (strumentali e vocali); lo stesso nome deriva proprio da questa circostanza.

Nuovi luoghi per la musica
Per soddisfare la crescente richiesta di musica, ai tradizionali luoghi di spettacolo (teatri, sale da concerto, sale da ballo) se ne sono aggiunti numerosi altri, adattati per l’occasione alle esigenze dello spettacolo o del divertimento.
Sempre più spesso la musica si appropria di spazi di grande suggestione come piazze, anfiteatri, arene, inserendo lo spettacolo musicale in altrettanto splendide scenografie.
Stadi e palazzetti dello sport sono ormai sedi abituali di concerti e quando il pubblico non può essere contenuto in alcun luogo ci si rivolge a vasti spazi aperti come è accaduto per i raduni rock.
Ma anche questi avvenimenti live non sarebbero immaginabili senza il coinvolgimento del mercato discografico e i lunghi tour delle star del pop e del rock sono in realtà proprio finalizzati alla promozione delle nuove produzioni discografiche.


Disco e musica di consumo

L’apparizione del disco è stata determinante soprattutto per la nascita e la diffusione della musica di consumo.  In effetti i repertori classico, jezz, etnico per non parlare del folk, esistono indipendentemente dal disco, ma non si può dire altrettanto dell’ammiccante pop e del trasgressivo rock che devono proprio al disco non solo la loro risonanza mondiale, ma addirittura la loro ragione d’essere.
Certo è che la quasi totalità della musica trasmessa da radio e tv non è eseguita dal vivo, ma è riprodotta da disco, e il successo di un artista si misura in dischi di platino o in settimane di permanenza ai primi posti delle hit parade.

        

I protagonisti

The Beatles (in italiano I Beatles, pronunciato bitols, in lingua originale) sono stati un gruppo rock britannico, originario di Liverpool e attivo dal 1960 al 1970. Formati da John Lennon (voce, chitarra ritmica), Paul McCartney (voce, basso), George Harrison (voce, chitarra solista) e Ringo Starr (batteria, voce). Hanno segnato un'epoca nella musica, nel costume, nella moda e nella pop art. Ritenuti un fenomeno di comunicazione di massa di proporzioni mondiali e considerati tra le maggiori espressioni della musica contemporanea, a distanza di vari decenni dal loro scioglimento ufficiale – e dopo la morte di due dei quattro componenti i Beatles contano ancora un enorme seguito e numerosi sono i loro fan club esistenti in ogni parte del mondo.
Secondo una stima del 2001, è risultato in assoluto il gruppo musicale di maggior successo commerciale, con vendite complessive che superano il miliardo di dischi e di musicassette, e per la rivista Rolling Stone i Beatles sono i più grandi artisti di tutti i tempi.
L'aura per molti versi non sempre codificabile secondo i canoni comuni – che circonda lo sviluppo del loro successo a livello mediatico e che ha favorito la nascita della cosiddetta Beatlemania e lo straordinario esito artistico raggiunto come musicisti rock sono inoltre oggetto di studio di Università, psicologi e addetti del settore.

Lucio Battisti


File:Lucio Battisti 5.jpgLucio Battisti (Poggio Bustone, 5 marzo 1943 – Milano, 9 settembre 1998) è stato un cantautore, polistrumentista, produttore discografico e compositore italiano.
Tra i più grandi, influenti e innovativi cantanti italiani di sempre, è considerato una delle massime personalità nella storia della musica leggera italiana sia come autore ed interprete della propria musica, sia come autore per altri artisti[4][5][6]. In tutta la sua carriera ha venduto oltre 25 milioni di dischi[7][8][9][10]. La sua produzione ha impresso una svolta decisiva al pop/rock italiano: da un punto di vista strettamente musicale, Lucio Battisti ha personalizzato e innovato in ogni senso la forma della canzone tradizionale e melodica.
Grazie ai testi scritti da Mogol, Battisti ha rilanciato temi ritenuti esauriti o difficilmente rinnovabili, quali il coinvolgimento sentimentale e i piccoli avvenimenti della vita quotidiana; ha saputo esplorare anche argomenti del tutto nuovi e inusuali, a volte controversi, spingendosi fino al limite della sperimentazione pura nel successivo periodo di collaborazione con Pasquale Panella.

Fabrizio De Andrè


Nato nel 1940 in una famiglia genovese, incomincia a suonare la chitarra ancora adolescente, per giungere per la prima volta in uno studio di registrazione nel 1958.
Il suo nome comincia a circolare soprattutto quando Mina nel 1965 porta al successo un suo brano scritto nel 1962, “La canzone di Marinella”.
Sulla spinta di questo interesse De Andrè nel 1966 pubblica il suo primo album.
Ma è soprattutto con i successivi dischi che la sua visione del mondo si definisce, evidenziando un’acuta sensibilità verso tematiche sociali, esistenziali e religiose, con canzoni come Via del Campo, Bocca di rosa, Ballata del Michè  e Il testamento.
Nell’affrontare realtà che fino ad allora parevano non esistere per la quasi totalità degli autori italiani, De Andrè assume le vesti del menestrello, del cantastorie di un’altra epoca.
La sua prima comparsa pubblica è solo del 1975 e anche in seguito i concerti saranno sempre eventi rari ed eccezionali.
Negli anni Ottanta De Andrè appare più propenso a cercare dentro di sé tematiche universalmente valide: eccolo allora evocare la sua tremenda esperienza di sequestrato dal banditismo sardo nell’emozionante Hotel Supramonte; ma anche andare alla riscoperta e rivalutazione delle proprie radici culturali liguri in Creuza de ma del 1984, da molti ritenuto il suo capolavoro, che è un album interamente cantato in dialetto genovese.
L’ultimo capitolo della sua produzione, prima della morte avvenuta nel 1999, è Anime salve.

martedì 26 marzo 2013

Struttura si una canzone

Come nasce una canzone

Una canzone può nascere dalla necessità di dare una veste musicale a un testo poetico preesistente, oppure trarre origine da un motivo “che ci frulla nella testa”, un giro di accordi, un “riff” trovato sulla chitarra. Altre volte parole e musica nascono insieme.
Comunque sia, le idee vanno poi sviluppate per dar “forma” a una vera canzone e, poiché nella breve durata del brano nulla deve trovarsi fuori posto, occorre avere chiara la struttura della composizione che si vuole realizzare, vale a dire parti che la costituiscono e la loro collocazione.


Strofa e ritornello

Il più delle volte una canzone si organizza in due parti distinte basate su due motivi di diverso carattere musicale ed espressivo.
Una di queste, la strofa, serve all’autore per raccontare la vicenda: la melodia asseconda il testo mantenendo un andamento abbastanza vicino al parlato.
Nell’altra, il ritornello, il testo assume carattere lirico,  la musica si carica di espressività e il canto si fa più appassionato.
Se nella strofa l’autore ricerca la giusta atmosfera, nel ritornello egli svela le sue carte: qui ci deve essere tutto quello che si deve ricordare della canzone,  quindi il testo è facilmente memorizzabile e la melodia orecchiabile.


Introduzionee coda
Nella sua forma più semplice e ricorrente la canzone alterna strofa e ritornello, ma non faticherete certo a trovare eccezioni.
Spesso,  oltre alle due parti principali, sono presenti brevi passaggi orchestrali o vocali che assolvono a particolari funzioni strutturali: introdurre, collegare le diverse sezioni, concludere il brano o semplicemente inserire una nota di colore.

A volte si usa far precedere la canzone vera e propria da una breve introduzione.

Questa può avere un testo, ad esempio il racconto di un antefatto, o presentare una parte strumentale originale, magari derivata da una frase musicale che l’ascoltatore incontrerà più avanti nel corso  dello stesso brano.
Più di rado  viene realizzata appositamente una frase melodica, detta coda, con funzione conclusiva.
Inciso
A volte la struttura di un brano si complica con l’aggiunta dell’inciso: una sezione, generalmente di otto battute, che ha la funzione di separare la ripetizione di strofe e ritornelli.

Nell’esempio che ascolterete ora  oltre alle parti fin qui esaminate è presente anche l’inciso.